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Redazione

YING GAO, COME LA PELLE DI UN CAMALEONTE.

By Beatrice Forgione, Giorgia Galasso, Chiara Zamai


Ying Gao, designer di moda e docente presso l’Università del Québec, trae ispirazione dalle relazioni tra corpo e ambiente per realizzare indumenti interattivi, che reagiscono al contesto nel quale vengono indossati.


Il progetto Flowing Water, Standing Time (2019) concepisce l’abbigliamento come uno spazio di transizione, come una “pelle” capace di reagire agli stimoli ambientali nei quali è immerso chi la indossa.


Ying Gao

courtesy: Malina Corpadean


Gli abiti sono realizzati in silicone, vetro, PVDF (un polimero termoplastico) e sono dotati di dispositivi elettronici frutto dell’ingegneria robotica. L’uso creativo di questi materiali dona ai capi l’insolita capacità di cambiare forma e colore a seconda delle interferenze esterne, grazie anche a delle fotocamere collegate ad un computer.

I dati raccolti dall’esterno dunque, attivano una serie di magneti fissati agli abiti e provocano ondulazioni e movimenti che si espandono, fluttuano, reagiscono e mutano a seconda dell'ambiente che circonda chi li indossa.

È così – attraverso l’innesto nei tessuti di elementi elettronici: fotocellule, fibre ottiche, microcamere, pigmenti fotoluminescenti, rilevatori di movimento e camere d’aria ultraleggere – che Ying Gao trasforma le stoffe tradizionali come la seta e l’organza in “fibre tessili intelligenti”.


Ying Gao

courtesy: Malina Corpadean


Lo scopo di questi abiti “autonomi”, come li definisce la stessa Gao, è mettere in discussione le consuete idee sull’abbigliamento, portando in evidenza le complesse interazioni tra le nostre personalità e gli stimoli che ci giungono dall’esterno. L’intenzione è quella di mostrare come la tecnologia e la moda non siano semplicemente aspetti effimeri della cultura, ma possano divenire il veicolo di una profonda riflessione sul nesso che collega l’individuo a una società in rapido mutamento.

 

Ying Gao, tessuti che riflettono la psiche.

Per il progetto Flowing Water, Standing Time, Gao si è ispirata al romanzo L'uomo che scambiò sua moglie per un cappello, del neurologo Oliver Sacks. Lo scrittore racconta la singolare vicenda del protagonista del romanzo – Jimmie G – ex marine di 49 anni che, a causa di un trauma, vive diviso tra due stagioni della sua vita; oscillando a intermittenza tra il suo io attuale e il suo io diciannovenne.

L’instabilità di questo personaggio romanzesco è riprodotta nella mutevolezza degli abiti di Gao, che sono metafora delle metamorfosi della personalità che ciascuno di noi agisce e subisce a seconda delle esperienze determinate dal contesto nel quale vive.

Quelli di Gao sono abiti pensati per rappresentare la condizione psichica in cui siamo immersi: sempre meno radicata e univoca; sempre più cangiante, instabile, e in costante contatto con le profonde mutazioni antropologiche determinate dalle nuove tecnologie.


La ricerca di questa stilista non pare dunque tesa a proporre vestiti adatti ad essere indossati nella vita quotidiana, al contrario sembra concentrarsi sulle contraddizioni della contemporaneità, messe in luce dal nesso tra psiche, abito e ambiente che i suoi abiti esaltano.

La tecnologia innovativa e l’utilizzo di materiali inconsueti divengono dunque elemento centrale di rivelazione delle nostre reazioni a ciò che ci circonda e della permeabilità tra esterno e interno.


Il titolo del progetto, Flowing Water, Standing Time, segnala l’intenzione di indagare il rapporto profondo tra il continuo mutamento e la durata; tra il cambiamento legato al movimento continuo – quello l’acqua che scorre – e la stasi, il tempo che permane e che resiste al cambiamento. Due condizioni: una dinamica e una statica, che vivono in un reciproco rapporto segnato dall'instabilità; esattamente come accade nelle due dimensioni temporali che si avvicendano nella psiche del personaggio creato da Sacks. Allo stesso modo la superficie degli abiti di Gao reagisce ai cambiamenti del contesto, mentre il corpo umano che li indossa pare imprigionato all’interno di essi, incapsulato in uno stato privo di mutamento e di rapporto con l’esterno, con il quale comunicano invece gli indumenti.

 

Ying Gao, metamorfosi dell’umano.

Mostrare la perpetua metamorfosi della condizione umana nell’epoca del post-umano, mediante l’innesto della robotica in tessuti innovativi, è l’obiettivo ultimo perseguito da Gao, che si distingue per l’originalità delle sue creazioni, esibite in tutto il mondo in numerosissime mostre. In particolare, è la mostra Ying Gao: Art, Fashion and Technology, allestita nel 2011 presso il Musée National des Beaux-Arts du Québec, a rappresentare l’occasione nella quale la sperimentazione della designer conquista l’attenzione del pubblico e dei media. Abiti autonomi (o robotici) ispirati agli origami, rispondono anche in questo caso alla presenza degli spettatori come organismi viventi. Sembrano capaci di respirare e coinvolgono i visitatori in una relazione inedita con corpi ricoperti da tessuti reattivi alla loro presenza.


Lo stesso effetto, con tecnologie diverse, lo ottiene nel 2013, con il progetto (no)where (now)here, dove gli abiti rivestiti di filamenti luminosi sono capaci, grazie a microcamere addestrate nel riconoscimento oculare, di rilevare quando uno sguardo si posa su di loro, e di rispondere allo sguardo con un movimento sinuoso, simile a quello delle meduse.


Ying Gao

courtesy: Ying Gao


È di nuovo l’uso della tecnologia a dare luogo a un effetto performativo straniante nella collezione The Possible Tomorrow del 2017. In linea con una ricerca artistica che sonda i confini dell’umano, innestando elementi artificiali intelligenti nei tessuti, l’integrazione uomo-macchina e la comunicazione tra organismo e innesto artificiale prende la forma di indumenti che si contorcono nel momento in cui vengono toccati per la prima volta da qualcuno. La superficie degli abiti, ricoperta da sensori in grado di analizzare e memorizzare le impronte digitali, reagisce al tocco estraneo, mentre non reagisce quando entra in contatto con impronte già conosciute. In questo modo, gli abiti sono in grado di comportarsi come se fossero un'estensione dell’io, erigendo delle barriere protettive verso gli estranei e, al contrario, lasciandole cadere nei confronti delle persone che si conoscono.


Ying Gao

courtesy: Ying Gao


La riflessione sulla diversità e sulla differenza nell’epoca dell’intelligenza artificiale proviene dall’infanzia di Gao, influenzata dalle creazioni di Yves Saint Laurent. Gao ha infatti dichiarato che, in occasione di una mostra dello stilista, fu colpita dal lavoro sui concetti di straniero e diverso. Concetti che Gao pone al centro della propria sperimentazione coniugandoli con una ricerca tecnologica che sfrutta nel progetto Flowing Water, Standing Time. 

 

Oltre le frontiere dell’abbigliamento di Ying Gao.

Le potenzialità per spaziare oltre il territorio dell’abbigliamento non sembrano irraggiungibili. Adattare il materiale composto di silicone, vetro, PVDF, al cui interno sono inseriti dispositivi elettronici, ad altri contesti è una possibilità concreta. Si tratta di spostare la riflessione condotta da Gao sulle estensioni del corpo umano verso altre interazioni tra il tessuto da lei realizzato e l’ambiente circostante. Il materiale, infatti, risponde agli stimoli anche se privato del corpo che ricopre e dunque si presta a interagire con l’ambiente in ambiti diversi da quello dell’abbigliamento.


Un possibile scenario di impiego potrebbe essere la creazione di pareti che sfruttano questo materiale per dare vita a uno spazio immersivo. Il materiale di Gao, applicato ad esempio alle pareti, avrebbe la capacità di cambiare forma e colore a seconda delle interferenze esterne, costituendo uno scenario nel quale le persone si sentiranno avvolte da uno spazio continuamente cangiante. Uno spazio che incuriosisce, sorprende e stupisce chi lo attraversa, fatto di pareti che sembrano vive grazie al materiale di cui sono composte. Pareti che si increspano, si espandono, si contraggono e cambiano colore... come i camaleonti.

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