by Silvia Pollice
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Pietro Sganzerla, giovane artista milanese, è uno dei volti symbol di Alpha District. Il suo stile si distingue non solo per la precisione e la pulizia dei tratti utilizzati nei suoi disegni a china, ma anche per l’ancestralità dei soggetti delle sue sculture, realizzate principalmente con carta e materiali di scarto.
Dopo essersi diplomato al liceo classico “Giovanni Berchet”, Pietro Sganzerla si laurea all’Accademia di Belle Arti di Brera, indirizzo pittura. Vive attualmente a Milano, ma è a Berlino che ha mosso i primi passi nel mondo dell’arte, esponendo per la prima volta al pubblico. Il suo marchio di fabbrica è il disegno a china su carta e cartoncini, ma si è cimentato anche nella scultura, prediligendo materiali come carta e ceramica.
Come nasce la tua passione per l’arte e, più specificamente, per la scultura?
Nasce come una filosofia di vita, essendo nato in una famiglia di creativi (padre grafico, madre tessitrice a mano, nonno pittore, ndr) che mi ha trasmesso la passione per questo mondo. In particolare, ho sempre lavorato con la ceramica, un materiale che ho iniziato a lavorare circa vent’anni fa (partecipando ad un corso di ceramica in Toscana, ndr), inizialmente dando vita ad oggetti funzionali come vasi e brocche. Certamente, una volta finita l’Accademia, decidere di fare l’artista a tempo pieno non è stata una scelta facile, soprattutto con i tempi che corrono.
Dopo aver terminato gli studi, decidi di lasciare Milano per Berlino: come mai hai scelto proprio questa città e come ha influito sulla tua arte?
Nel 2007, io, il mio migliore amico, mio cugino e un collega di Brera abbiamo trascorso una settimana lì ed è stato amore a prima vista, anche se mi ci sono trasferito soltanto quattro anni dopo. In particolare, mi hanno sempre affascinato la cultura e la lingua tedesca, ma vivendoci mi sono accorto subito come questa città sia un’isola felice di libertà e di uguaglianza che si scontra con la cultura della provincia, che può essere più chiusa rispetto a quella di una grande metropoli. Sicuramente Berlino ha influito molto sulla mia arte perché è lì che la mia mano ha preso forma e ha trovato stimoli pratici. Ed è proprio questo il bello del popolo tedesco: la praticità e la manualità, anche negli studi accademici, al contrario dell’Italia, dove lo studio è ancora molto teorico.
Anche il tuo background liceale ha avuto un impatto evidente in “Romani, barbari e bizantini”, una serie di ritratti dell’epoca tardo-antica caratterizzati da tratti somatici realistici e marcati, rompendo con il glorioso passato del classicismo greco. In questo senso, si potrebbe dire che, allo stesso modo, la tua arte voglia costituire un elemento di rottura e di cambiamento storico-culturale?
Esatto, la mia formazione liceale ha influito molto sui miei lavori e in particolare con le serie “Autoritratti” e Romani barbari e bizantini c’è stato un ritorno al passato. Per quanto riguarda quest’ultima serie, soprattutto la forte presenza di individui provenienti dall’Europa centro-orientale a Berlino ha influenzato molto la scelta di questo tema, simbolo di una commistione di stili diversi e di un’ inevitabile contaminazione culturale. Penso che sia il sogno di tutti gli artisti rompere con il passato e con la tradizione: sicuramente con la mia arte cerco di portare la mia personale energia dirompente e la mia rottura, ma la società cambia continuamente e magari la mia rottura un domani potrebbe diventare la moda di tutti. Quindi secondo me l’arte, più che rompere, deve portare il pubblico a capire la prospettiva soggettiva dell’artista.
Un altro tuo grande talento è la scultura: teste, forme astratte e volti animaleschi prendono forma nel tuo studio attraverso materiali più classici come la ceramica, ma anche più insoliti e addirittura di scarto come la carta di giornale. Raccontaci una tua scultura symbol: dalla scelta delle forme a quella dei materiali, fino al messaggio che intendi comunicare al pubblico.
Riguardo le sculture in carta, ho iniziato utilizzando degli scarti: ad esempio, ho riscoperto la cartapesta, essendo anche molto appassionato di arte etnica. Infatti, la cosa più affascinante è che questo tipo di arte si serve principalmente di materiali poveri e di scarto, che in questo modo vengono riciclati e rivalorizzati attraverso la creatività. Il bello dell’arte è proprio questo: l’arte si adatta ai materiali e viceversa, ispirando in molteplici modi chiunque li maneggi. Ad esempio, per realizzare la serie Paperman mi sono ispirato alle maschere di fango utilizzate dalla popolazione papuana degli Asaro per andare a caccia e il messaggio che intendo trasmettere è una critica al saccheggio delle risorse durante l’epoca coloniale, purtroppo ancora oggi in atto: basta privare questi popoli delle loro risorse, possiamo produrre anche noi i loro stessi oggetti, ma utilizzando le nostre risorse.
Pietro Sganzerla aprirà le porte della sua casa-laboratorio durante il Fuorisalone 2020. Qui un'installazione studiata ad hoc mostrerà il connubio tra l’arte tribale e ritrattista di Pietro e l’innovazione del design contemporaneo. L'atmosfera sarà accogliente e insolita, la stessa che ritroveremo nella casa di Gylda e in molte altre location di Alpha District.
Ph credit: Chris Boulden
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